Oiv: per il 2020 si rischia un calo del 35% delle vendite (50% in valore)
- undefined
La chiusura del canale horeca (bar, ristoranti, hotel) potrebbe portare a una riduzione del 35% delle vendite e a una perdita di circa il 50% in valore. Tra i paesi più colpiti, l’Europa in generale e i paesi del Mediterraneo in particolare. E’ il quadro a tinte fosche fatto da Pau Roca Blasco, direttore generale dell’Oiv, l’organizzazione vinicola internazionale, alla quale aderiscono 47 Stati, che ieri ha tenuto una video conferenza per illustrare la congiuntura mondiale del comparto nel 2019 e anticipare le problematiche del settore legate all’emergenza sanitaria.
Nel complesso, tra le dirette conseguenze dell’emergenza sanitaria, nel settore vino sono in atto a livello mondiale una diminuzione dei consumi, una riduzione dei prezzi medi e quindi una riduzione complessiva del valore totale delle vendite, del fatturato, dei margini e quindi dei profitti delle cantine.
Roca ha spiegato che, anche se al momento non sono disponibili sufficienti informazioni e dati statistici per fornire una previsione accurata e anticipare lo scenario del settore vitivinicolo in futuro, ci sono già alcune informazioni significative fornite dagli Stati membri, che permettono di tracciare un primo bilancio sulle ripercussioni legate al Covid-19 su vendemmi, produzione e consumi.
Superficie vitata
I dati indicano una superficie vitata stabile a livello mondiale sui 7,4 milioni di ettari (uva da vino e uva da tavola), con la metà concentrata in Spagna (13%), Cina (11%), Francia (11%), Italia (10%) e Turchia (6%). Mentre, se si guarda alla sola uva da vino, al vertice resta la spagna, con 996mila ettari, davanti alla Cina (855mila), alla Francia (794mila) e all’Italia (708mila), secondo i dati 2019. A livello mondiale, la produzione 2019 si è assestata a 260 milioni di ettolitri, in calo del -12% sul 2018. L’Ue, da sola, con 156 milioni di ettolitri, vale il 60% totale, quasi tutto grazie a Italia (47,5 milioni di ettolitri), Francia (42,1) e Spagna (33,5), tre Paesi che, da soli, valgono la metà della produzione di vino mondiale.
Emisfero meridionale
Per quanto riguarda la vendemmia, sono stati riscontrati problemi legati alla vendemmia nell’emisfero meridionale, dove le prime stime della produzione indicano bassi volumi previsti per il 2020 per la maggior parte dei paesi, a eccezione del Sudafrica e dell’Uruguay. In Argentina la produzione stimata è di 11,6 milioni di ettolitri (-11%), in Cile 10,5 (-12%) e in Brasile 2 milioni (-1%). In Oceania, l’Australia prevede un livello di produzione inferiore nel 2020 stimato a 11,5 milioni di ettolitri (-4%) a causa della siccità e degli incendi, mentre in Nuova Zelanda ( 2,9 milioni, -2%) le aspettative sulla produzione di vino sono generalmente in linea con il 2019, o appena al di sotto. Naturalmente, si tratta di stime preliminari che devono essere interpretate con cautela, soprattutto date le circostanze eccezionali.
Consumi
Sul fronte dei consumi il 2019 ha visto il mondo bere 244 milioni di ettolitri di vino, dato stabile sul 2018 con gli Usa che sono stati il primo mercato (14%) del totale, davanti al blocco europeo fatto da Francia (11%), Italia (9%) e Germania (8%) e alla Cina (7%). A livello di consumi procapite, invece, in testa c’è il Portogallo, con ben 56 litri di vino all’anno, davanti a Francia (49,5), Italia (43), Svizzera (36,5) ed Ungheria (29,7), mentre gli Usa, per esempio, che nel complesso pesano sui consumi per 33 milioni di ettolitri all’anno, hanno registrato un consumo procapite di “appena” 12,3 litri. Mentre la Cina è ferma ad 1,5 litri di vino per persona all’anno.
Scambi commerciali
A livello economico, anche gli scambi, in valore, sono sostanzialmente stabili, a 31,8 miliardi di euro (+0,9% sul 2018), e anche in valore la crescita è stata modesta, del +1,7% (105,8 milioni di ettolitri). In questo quadro, il vino in bottiglia ha rappresentato il 53% dell’export in volume ed il 69% in valore, mentre lo sfuso, pur pesando per il 34% nei volumi, ha rappresentato appena l’8% dei valori. Diverso il discorso per gli spumanti, che con il 9% dei volumi movimentanti, hanno generato il 21% del valore esportato. L’Italia, con 21,6 milioni di ettolitri esportati, è stato il maggior Paese esportatore in volume, davanti alla Spagna (21,3) e alla Francia (14,2), con in transalpini, però, che tengono saldamente in mano il primato in valore, a 9,8 miliardi di euro, davanti ai 6,4 del Belpaese a i 2,7 degli spagnoli. I maggiori importatori, invece, sul fronte delle quantità, sono stati Germania (14,6 milioni di ettolitri), Uk (13,5) e Usa (12,3), in un podio che si ribalta in valore, con gli Stati Uniti al vertice, con 5,5 miliardi di euro, il Regno Unito con 3,8 e la Germania con 2,6. Nel complesso, nel 2019, il mercato del vino ha così raggiunto un indice di internazionalizzazione del 43%, che vuol dire che più di 4 bottiglie su 10 sono state consumate fuori dal Paese di produzione.
Canali distributivi
L’altro dato al momento evidente è il cambiamento radicale dei canali di distribuzione, con la scomparsa del canale horeca e un fortissimo rallentamento dell’enoturismo, soprattutto in Europa. Questo combinato potrebbe causare una riduzione tra il 35% e il 50% delle vendite. Inoltre, anche i consumi casalinghi sono in diminuzione, diretta conseguenza della capacità di acquisto dei consumatori. Tra i canali di vendita, rimane solo quello on line, che non è però in grado di compensare le perdite degli altri canali distributivi.