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24 Giugno 2020

Amarone: le Famiglie Storiche propongono interventi per valorizzare le zone vocate

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di Redazione | in 
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La valorizzazione dei grandi rossi della Valpolicella passa anche attraverso un intervento sulla zonazione, in particolare per la produzione dell'Amarone. È quanto sostengono le Famiglie Storiche, ovvero le aziende Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant'Antonio, Tommasi, Torre d'Orti, Venturini e Zenato, nel commentare le recenti misure emergenziali che il Consorzio Tutela Vini della Valpolicella intende proporre. L'Associazione delle Famiglie Storiche ribadisce l’importanza di salvaguardare la reputazione e la riconoscibilità di uno dei vini simbolo del made in Italy nel mondo: "Ci siamo sempre battuti e continueremo a farlo per la valorizzazione delle zone più vocate alla produzione dei grandi rossi della Valpolicella, per questo riteniamo indispensabile la zonazione, per ridefinire attraverso un approccio multidisciplinare i fattori caratteristici di un terroir che ha una vocazionalità antichissima alla coltivazione della vite, e che oggi rischia di risentire di scelte che tengono conto solo del rapporto tra domanda e offerta, senza proporre nel contempo iniziative idonee a migliorare la qualità del prodotto” ha dichiarato il presidente Alberto Zenato.

L’Associazione, nata nel giugno 2009 tra dieci storiche aziende della Valpolicella e che oggi vanta tredici soci, complessivamente commercializza 2,2 milioni di bottiglie di Amarone, circa il 16% della produzione totale, per un fatturato complessivo di 70 milioni di euro, il 20% del totale delle vendite della DOCG, di cui l’80% destinate all’export.
Secondo Zenato “è necessaria inoltre una differenziazione di resa e di conseguenza di cernita tra le aree collinari e di pianura". Le Famiglie Storiche sono favorevoli "a rese di 100 quintali per ettaro con una maggiore cernita di uva per Amarone nelle zone collinari, e a rese di 120 quintali per ettaro con una minor cernita in quelle pianeggianti”. La collina, infatti, è maggiormente predisposta alla cernita perché l’ambiente è più ventilato e quindi l’uva posta a riposo nel fruttaio è meno soggetta alle patologie. In pianura, invece, dove i terreni sono più fertili, si possono ottenere produzioni maggiori ma con un rischio superiore di incorrere in patologie che possono compromettere la qualità delle uve.
"È ormai imprescindibile una visione di lungo termine e non possiamo dover gestire continuamente cambiamenti tecnici in corso d’opera. In questo modo si danneggiano soprattutto i produttori che avrebbero invece bisogno di indicazioni chiare e stabili nel tempo per poter lavorare con maggior serenità e garantire la qualità dei propri prodotti. - prosegue Zenato -. Tutto ciò mette a rischio l’equilibrio fisiologico della vigna stessa, oltre che la qualità del vino. È una questione di responsabilità nei confronti del territorio, da cui tutti dipendiamo, e nei confronti di tutti i produttori che qui hanno investito dai tempi più remoti”.
L'Associazione auspica una revisione condivisa dei disciplinari della Valpolicella: “Riteniamo che sia fondamentale riunire intorno a un tavolo tutti gli attori del mondo vitivinicolo del territorio e aggiornare il disciplinare, tenendo conto del consistente ampliamento delle superfici vitate soprattutto nella parte orientale della denominazione Valpolicella con conseguente aumento delle giacenze dei vini. Dobbiamo, inoltre, considerare le differenze qualitative tra le aree di collina e quelle di pianura in base alle nuove esigenze e tempistiche produttive”.

 

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