Quanto è invecchiato questo whisky? La risposta è negli ioni di oro
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Arriva un metodo scientifico per verificate l'invecchiamento di un whisky. Alcuni ricercatori scozzesi hanno scoperto come gli ioni d'oro possano essere utilizzati per rivelare il tempo di maturazione di un whisky nella botte. Il team, composto da chimici dell'Università di Glasgow e dello Scotch Whisky Research Institute, ha pubblicato all'inizio del mese su ACS Applied Nano Materials i risultati dello studio "Growth of Plasmonic Nanoparticles for Aging Cask-Matured Whisky". Lo studio mirava a trovare un metodo per analizzare in modo affidabile l'età di un'acquavite maturata in botte senza affidarsi al naso del mastro miscelatore.
Il sapore e il colore del whisky derivano dall'alcolisi della lignina nel legno che estrae i congeneri. Questi congeneri, tra cui tannini, aldeidi ed esteri, si formano a causa della prolungata maturazione in botte - anche se esistono metodi che possono accelerare l'estrazione, come ad esempio la spedizione delle botti attraverso mari accidentati.
La ricerca ha dimostrato che i sali d'oro (una soluzione acquosa di Au3+) vengono ridotti dai liquori invecchiati in botte, formando nanoparticelle colorate che possono essere visibili a occhio nudo in pochi minuti, anche se per quantificarle si può ricorrere alla spettrometria.
Gli esperimenti, che hanno preso in esame diversi whisky, da quelli meno costosi a bottiglie di whisky invecchiato 20 anni, si sono svolti nell'arco di sei anni e hanno verificato una tendenza per cui le nanoparticelle formate nei whisky con maggiore estrazione hanno lunghezze d'onda inferiori. In poche parole, questo significa che i whisky più vecchi formavano nanoparticelle colorate con una tonalità di blu più intensa, mentre gli alcolici non invecchiati erano generalmente verso l'estremità più rossa dello spettro e avevano un'intensità minore.
Anche se potrebbe non sembrare l'opzione più economica, la quantità di oro necessaria è così piccola (e il valore del contenuto della botte così grande) che ne vale la pena, secondo la ricerca. Come alternativa è stata studiata anche la riduzione degli ioni d'argento, ma la concentrazione più elevata necessaria per ottenere risultati visibili a occhio e il tempo di reazione molto più lento hanno suggerito che la strada da percorrere è quella dell'oro.