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Studi e Ricerche

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10 Ottobre 2022

Economia italiana ancora resiliente a incertezza e shock?

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di Redazione | in 
Studi e Ricerche

Il nuovo Rapporto di previsione del Centro Studi di Confindustria analizza la preoccupante situazione economica e delinea i punti di riflessione per le imprese.

Lo shock energetico abbatte le prospettive di crescita. Il prezzo del gas in Europa è ai massimi storici: la quotazione si è impennata in estate, arrivando a 236 euro per mwh in media in agosto (picco storico giornaliero a 330), da 171 a luglio e poco meno di 100 in media nei primi sei mesi. A fine 2019, il prezzo del gas era di appena 13 euro. L’offerta russa di gas ai paesi dell’Europa occidentale è stata più volte ridotta di recente, in misura parziale ma marcata. Perciò, i mercati ora scontano nei prezzi correnti una potenziale scarsità di volumi. Lo scenario CSC ipotizza prezzi fermi agli alti livelli medi registrati nella prima metà di settembre (204 euro/mwh) per gli ultimi mesi del 2022 e poi fino a fine 2023.

Inflazione e stagnazione. Il PIL italiano, che ha registrato una dinamica positi- va nella prima metà del 2022, subisce un aggiustamento al ribasso tra la fine dell’anno e l’inizio del 2023 e poi recupera piano. La crescita nel 2022 (+3,4%) è già tutta acquisita ed è molto superiore a quella che si prevedeva sei mesi fa. Per il 2023, invece, c’è una forte revisione al ribasso rispetto allo scenario di aprile (-1,6 punti), che porta alla stagnazione in media d’anno. È quanto emerge

La dinamica dei prezzi al consumo in Italia è salita rapidamente nel 2022, ar- rivando al +8,9% annuo a settembre, su valori che non si registravano dagli anni Ottanta. L’impennata dei prezzi energetici al consumo (+44,5% annuo) è responsabile di circa metà di tale aumento. Nella media del 2022 l’inflazione si attesterà al +7,5%, per poi ridursi parzialmente il prossimo anno (per l’effetto meccanico di un prezzo del gas ipotizzato fermo nell’orizzonte previsivo), ma su valori ancora doppi rispetto all’obiettivo della Banca Centrale.

I costi energetici delle imprese italiane sono stimati aumentare di 110 miliardi di euro nella media del 2022, per il totale economia, rispetto ai valori pre-pan- demia. L’incidenza dei costi energetici sul totale sale da 4,6% a 9,8%, livelli insostenibili, ai quali corrisponde, nonostante un rialzo dei prezzi di vendita eterogeneo per settori, una profonda riduzione dei margini delle imprese. In caso di blocco totale del gas russo, si avrebbe una carenza di offerta di gas in Italia pari a circa il 7% della domanda, con impatti rilevanti su attività e valore aggiunto specie nel settore industriale; queste conseguenze potrebbero es- sere limitate se fossero efficaci le misure predisposte per il contenimento dei consumi. Se il prezzo del gas schizzasse in modo duraturo ai valori del picco toccato in agosto (330 euro/mwh, per es. nel caso di blocco dell’import dalla Russia) l’impatto addizionale sul PIL sarebbe di -1,5% nel 2022-23; viceversa, se si riuscisse a imporre un tetto di 100 euro al prezzo del gas, il PIL guada- gnerebbe l’1,6% nel biennio.

Consumi in calo, investimenti in frenata. Nel 2° trimestre del 2022 le famiglie italiane sono tornate a spendere (+2,6%), grazie al superamento delle misure anti-Covid e quindi all’aumento della mobilità e alla ripartenza negli acquisti fuori casa. Ne ha giovato il settore turistico e il suo ampio indotto. Ha svolto un ruolo positivo l’extra risparmio accumulato negli ultimi due anni. D’altra parte, le fami- glie restano molto prudenti nelle decisioni di spesa e l’extra risparmio non sarà sufficiente a finanziare le spese anche negli ultimi mesi del 2022 e nel 2023, in parte perché non può essere tutto immediatamente speso, in parte perché è eroso dall’inflazione, in parte perchè concentrato tra le famiglie più abbienti. Perciò, a causa di prezzi alti e riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, nella seconda metà del 2022 è atteso un significativo indebolimento dei consumi, che poi sono previsti rimanere sostanzialmente piatti nel 2023 (-0,1%). Alla fine dell’orizzonte previsivo, i consumi saranno del -3,0% sotto i livelli del 2019.

Gli investimenti delle imprese sono attesi perdere slancio, dopo che nella prima metà dell’anno sono stati ancora in espansione, a un ritmo decrescente ma ampiamente sopra il livello pre-Covid. A fornire il contributo maggiore fino- ra sono state le costruzioni, anche grazie al significativo impulso proveniente dagli incentivi fiscali. Gli elevati prezzi dell’energia, e quindi i margini ristretti, l’incertezza, le tensioni sul commercio mondiale, sono i principali fattori fre- nanti. Negativi per gli investimenti sono anche i rialzi dei tassi, che avranno un impatto sul costo del credito. L’aumento dei tassi pagati dalle imprese sembra già essere iniziato: 2,01% a luglio per le PMI (da 1,74% a gennaio), 1,01% per legrandi (da 0,76%). Se il costo del credito continuasse a salire in misura marca- ta, si aggraverebbe, inoltre, la situazione finanziaria delle aziende, già indebo- lita nel 2020. Le ingenti risorse europee del PNRR esercitano una significativa spinta agli investimenti in Italia. Sul rispetto delle tempistiche di attuazione del PNRR, però, incidono quasi gli stessi fattori (prezzi alti e scarsità di materiali) che limiteranno gli investimenti nel 2022 e 2023.

Nella prima parte dell’anno in corso la performance dell’export è stata molto positiva e superiore alle attese, nonostante le strozzature, gli aumenti dei prez- zi lungo le filiere internazionali, le sanzioni incrociate con la Russia, l’incertezza nello scenario. Ma la brusca frenata della domanda internazionale nell’ultima parte del 2022 e nel prossimo anno, soprattutto nei principali mercati di sboc- co delle merci italiane (Europa e Stati Uniti), ridurrà fortemente il potenziale di crescita delle nostre esportazioni. Nello scenario CSC, perciò, le esportazioni di beni e servizi, dopo una espansione in doppia cifra nel 2022 (+10,3%), rallen- teranno bruscamente nel 2023 (+1,8%).

Nella prima metà del 2022 l’occupazione in termini di ULA è cresciuta a un ritmo superiore al PIL, spinta da una risalita sia delle ore per occupato, sia del numero di occupati. La dinamica dell’input di lavoro è attesa, però, diventare negativa tra l’autunno e l’inverno, sulla scia del PIL, anche se meno intensa- mente e con un po’ di ritardo. Nella seconda parte del 2023, invece, è prevista una ripresa nel mercato del lavoro, scontando la lenta risalita dell’economia, con l’input di lavoro che tornerà a crescere. Nella media del 2023, quindi, le ULA rimarranno quasi ferme (-0,1%).

Il deficit pubblico in Italia è migliore delle attese (3,5% nel 2023), nonostante l’aumento della spesa per interessi dovuto al rialzo dei tassi e pur incorpo- rando gli effetti sui conti delle ingenti misure adottate dal Governo per so- stenere famiglie e imprese contro il caro-energia: 54,4 miliardi nel 2022, che hanno senz’altro attutito l’impatto dello shock energetico sull’economia. Un elemento particolarmente positivo dei conti pubblici, emerso quest’anno, è il forte aumento delle entrate fiscali, sulla scia della risalita dell’economia, ma anche della maggiore inflazione: queste risorse hanno consentito di finanziare gli interventi senza generare più deficit di bilancio. Il gettito fiscale nel 2022 potrebbe essere superiore rispetto a quanto programmato dal Governo nel DEF di aprile di ulteriori 10 miliardi (0,5 punti di PIL), ma il deterioramento dello scenario economico potrebbe ridurre tali entrate. Il debito pubblico è stimato al 145,5% del PIL nel 2022, in riduzione di oltre 4,7 punti, ma nel 2023 è previ- sto calare di neanche 0,7 punti (al 144,9%), a causa del minor contributo della crescita reale alla sua discesa.

Leggi il Rapporto completo.

 

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