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Studi e Ricerche

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28 Dicembre 2022

Confindustria, pubblicata l'indagine annuale che fotografa il lavoro in Italia

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di Redazione | in 
Studi e Ricerche

L’annuale indagine Confindustria sulle condizioni dell’occupazione nelle aziende associate, svolta tra febbraio e aprile 2022, fornisce per il 2021 informazioni su struttura dell’occupazione e politiche aziendali di gestione del lavoro nelle aziende associate. A questo link sono disponibili le tavole riassuntive e comparative relative alle principali variabili oggetto di indagine.

L’indagine di quest’anno torna a rilevare anche i dati relativi a orari di lavoro e assenze, che nel 2020 non erano stati raccolti in quanto ampiamente influenzati dal ricorso a forme di sospensione (totale o parziale) dell’attività lavorativa. Confermato anche quest’anno l’approfondimento sull’utilizzo dello smart working da parte delle imprese, anche in ragione della diffusione strutturale di tale modalità di organizzazione del lavoro dopo la crisi sanitaria.

I risultati indicano che, prima della pandemia, lo smart working era già presente in più di una impresa su dieci, tra quelle che hanno partecipato all’indagine (11,2%). In particolare, questa modalità di lavoro era maggiormente diffusa nei servizi, anche per la natura stessa dell’attività: il 14,4% delle imprese la utilizzava, contro il 9,4% nell’industria in senso stretto.

Durante le fasi acute della crisi sanitaria, lo smart working è stato adottato dalle imprese per assicurare il necessario distanziamento interpersonale, cruciale per evitare la diffusione dei contagi, e l’adozione di questa modalità di lavoro ha raggiunto picchi elevatissimi. Nel primo trimestre 2022, lo utilizzava ancora oltre un terzo delle imprese (37,6%), come somma del 27,7% che faceva ricorso al regime “semplificato” (introdotto nel 2020) e del 9,9% che lo aveva già adottato in via “strutturale” (secondo le disposizioni della legge 81/2017).

In prospettiva, nel post-pandemia si stima che la diffusione rimarrà doppia rispetto al pre-pandemia (al 20,3%), sommando le imprese che nella prima metà del 2022 avevano in programma di introdurlo entro 2 anni (10,4%) a quelle che lo avevano già introdotto (9,9%). Anche in questo caso, è il settore dei servizi a presentare un dato più alto rispetto al settore industriale (rispettivamente 26,3% e 16,8%).

L’indagine ha inoltre raccolto informazioni su altre politiche aziendali adottate dall’imprese in un anno particolarmente complicato: l’utilizzo dei trattamenti di integrazione salariale, l’applicazione di contratti collettivi aziendali e le materie regolate da questi accordi.

I risultati confermano un graduale riassorbimento dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali nel 2021. Nel corso dell’anno il 31,9% delle imprese intervistate ha fatto ricorso ai trattamenti di integrazione salariale (CIG ordinaria, in deroga o assegno ordinario). Le percentuali sono del 31,5% e del 32,8%, rispettivamente, nell’industria in senso stretto e nei servizi.

In materia di contrattazione aziendale, si rileva che, a inizio 2022, la contrattazione aziendale coinvolgeva quasi un quarto delle imprese associate (il 23,3%). La diffusione è maggiore nell’industria in senso stretto (dove il contratto aziendale è presente nel 30,8% delle imprese) rispetto ai servizi (16,9%) e nelle imprese più grandi, con oltre 100 dipendenti (66,8%), rispetto a quelle più piccole, con meno di 15 (10,2%).

La diffusione della contrattazione aziendale mostra percentuali più elevate se calcolata sulla base degli addetti: risultano occupati presso aziende che la applicano il 60% dei dipendenti nel campione complessivo – media tra il 69,6% registrato nell’industria in senso stretto e il 47,2% registrato nei servizi.

Le materie regolate dal contratto aziendale, quando presente, sono principalmente i premi di risultato collettivi (62,2%), l’orario di lavoro (nel 53,9% dei casi), la conciliazione vita-lavoro (35,1%), il welfare aziendale (31,5%) e i protocolli per la sicurezza (30,7%).

 

L’occupazione nelle imprese del Sistema Confindustria nel 2021

L’occupazione è aumentata, trainata dai contratti a termine Nel corso del 2021 l’occupazione dipendente complessiva nelle imprese associate a Confindustria è aumentata del 2,2%, sintesi di un incremento del 3,5% nelle imprese dei servizi e dell’1,3% nel settore dell’industria. L’aumento coinvolge le imprese di ogni classe dimensionale, da quelle con meno di 15 dipendenti (+2,1%), a quelle con 16-99 dipendenti (+2,0%), a quelle con più di 100 dipendenti (+2,2%).

Nelle imprese associate, nel corso del 2021, l’occupazione della componente maschile risulta aumentata dell’1,6%%, mentre è cresciuta più sensibilmente l’occupazione femminile (+3,1%; Figura A).

FiguraA_NotaLavoro22.PNG

Rispetto alla tipologia contrattuale, nel corso dello scorso anno si registra un boom di occupati a tempo determinato (+41 %), che a fine 2021 rappresentano il 5,8% dei dipendenti totali nelle imprese associate. Tiene l’occupazione a tempo indeterminato (+0,7% nell’anno), che risulta quella di gran lunga più diffusa nelle imprese associate (il 91,9% dei dipendenti è impiegato con tale contratto). Sostanzialmente stabili gli apprendisti (-0,2%), ma il dato medio nasconde un andamento differenziato tra settori, con un aumento nelle imprese dell’industria (+8,8%) e una contrazione in quelle dei servizi (-14,6%).

Diffuso l’impiego dei contratti di somministrazione Quasi un terzo delle imprese associate (30,5%) ha impiegato nel 2021 almeno un lavoratore in somministrazione a tempo determinato, con una diffusione più alta nell’industria (40,1%) e nelle grandi imprese (70,4%). Per dare un’idea dell’intensità di utilizzo, si consideri che il numero di lavoratori in somministrazione di cui si è avvalsa l’impresa complessivamente nell’anno è pari mediamente al 7% della forza lavoro complessiva riportata al 31 dicembre 2021.

La somministrazione a tempo indeterminato è stata utilizzata mediamente dall’8% delle imprese, anche in questo caso più nell’industria (12,1%) e nelle grandi imprese (34,9%), per una quota di lavoratori somministrati in corso d’anno pari allo 0,8% della forza aziendale (Figura B).

 

FiguraB_NotaLavoro22.PNG

Ancora rilevante l’utilizzo degli ammortizzatori sociali Nel corso del 2021, il 31,9% delle imprese associate ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali con causale “Covid-19” (CIG ordinaria e in deroga e l’assegno ordinario di integrazione salariale), con risultati simili tra industria (31,2%) e servizi (32,8%). L’utilizzo ha inciso di più tra le imprese più grandi (100+ dipendenti, al 39,1%), rispetto a quelle più piccole (30,2% per le imprese con meno di 15 dipendenti, 32,7% per le imprese della classe dimensionale media).

Turnover del lavoro più alto nei servizi Come nelle precedenti edizioni, anche quest’anno l’indagine misura il turnover in entrata e in uscita. Innanzitutto, le imprese con turnover nullo (ovvero le imprese che, sulla base dei dati indicati nel questionario, non hanno registrato né entrate né uscite di personale) sono state il 23,3% del campione.

Il tasso di turnover complessivo (la somma di lavoratori assunti e cessati nel corso dell’anno sul totale dell’occupazione a fine 2020) è risultato pari al 35,5% nella media del campione analizzato. Il turnover è decisamente più alto nelle imprese dei servizi (50,5%) rispetto all’industria (26%) e incide soprattutto nelle imprese piccole (58,9% nelle imprese con meno di 15 addetti, mentre è al 36,9% e al 32,2% rispettivamente in quelle medie e grandi). Il turnover in entrata è pari al 18,8%, mentre quello in uscita è pari al 16,7%.

Difficoltà di reperimento delle competenze necessarie per un quarto delle imprese Alle imprese rispondenti è stato chiesto se nel 2021, al di là dello shock dovuto alla pandemia, le assunzioni programmate dall’azienda fossero state limitate da qualche fattore specifico. A fronte del 31,3% di imprese che non avevano programmato assunzioni e un altro 41,9% che non ha riscontrato limitazioni, ben un quarto segnala di aver avuto difficoltà legate al reperimento delle competenze necessario (24,9%), quota che sale a un terzo tra le imprese con almeno 100 dipendenti (33,1%). Marginali (intorno al 2%) sia la quota dei rispondenti che segnala limitazioni legate al blocco dei licenziamenti (in essere, in linea di massima, fino al 30 giugno 2021 per le imprese industriali e dell’edilizia e fino al 31 dicembre 2021 per le imprese degli altri settori), sia quella che cita come deterrente il ricorso allo smart working (per es., per connesse difficoltà a formare/inserire i nuovi assunti).

 

Per leggere l'indagine completa vai a questo link

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