Consorzio Barbera d'Asti e Vini del Monferrato: le Docg diventano quattro
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Il Terre Alfieri diventa Docg, portando a quattro le denominazioni di origine controllata e garantita tutelate dal Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato. Un traguardo che suggella un percorso durato dieci anni, a cominciare dall’ottenimento della Doc nel 2009.
«Si tratta di un risultato che impreziosisce non soltanto il novero delle nostre Docg, ma anche il nostro intero panorama vinicolo – commenta Filippo Mobrici, Presidente Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato – Ci auguriamo che il Terre Alfieri possa avere lo stesso successo delle altre nostre denominazioni a origine controllata e garantita come Barbera d’Asti, Nizza e Ruchè di Castagnole Monferrato».
Il Terre Alfieri, che lega il proprio nome a quello del poeta e drammaturgo astigiano, rappresenta una nicchia enologica di pregevole rilievo. Coltivabile in undici comuni, fra i quali sette in provincia di Asti (Antignano, Celle Enomondo, Cisterna, Revigliasco, San Damiano, San Martino Alfieri, Tigliole) e quattro in provincia di Cuneo (Castellinaldo, Govone, Magliano Alfieri, Priocca), la denominazione esprime la storia e la vocazione di un territorio antico, caratterizzato da peculiarità morfologiche e ampelografiche precise. Le cosiddette sabbie astiane che compongono i terreni, codificate appunto in queste aree per la loro peculiare caratterizzazione, sono un’eredità dell’epoca pliocenica che, nel tempo, hanno permesso di rinvenire numerosi reperti fossili.
In termini enoici il disciplinare prevede la declinazione della denominazione in due differenti tipologie, Terre Alfieri Arneis e Terre Alfieri Nebbiolo, entrambe caratterizzate da possibili evoluzioni. Nel primo caso, il vino può fregiarsi della categoria Superiore al termine di sei mesi di invecchiamento, per un risultato organolettico più complesso; nel secondo caso, invece, il Terre Alfieri può acquisire la menzione di Superiore (con 12 mesi di invecchiamento,d ei quali almeno 6 in botte di legno) o Riserva (con 24 mesi di invecchiamento, dei quali almeno 12 in botte di legno), per una versione qualitativa di alto profilo.
«Un plauso particolare lo meritano i produttori, determinati a raggiungere questo obiettivo – continua Mobrici – Ma si tratta di un punto di partenza, ora è necessario lavorare per fare in modo di supportare concretamente il valore di una Docg».