La potenziale guerra dei dazi tra Ue e Stati Uniti ha messo in allarme diversi comparti produttivi europei, non ultimo quello delle bevande alcoliche che si ritrovano potenzialmente al centro di una controversia cui sono totalmente estranee. Come noto Bruxelles ha risposto alle prime azioni del presidente Trump imponendo dazi sul whiskey americano: avrebbero dovuto entrare in vigore il 1 aprile ma sono state spostate a metà mese.
Intanto si muove la diplomazia. A Bruxelles il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha incontrato il commissario europeo per il Commercio Šefčovič con cui ha fatto il punto sulla strategia europea, ribadendo la priorità di uno stretto coordinamento per evitare una pericolosa escalation e mantenendo aperto il dialogo con l’Amministrazione statunitense per arrivare a soluzioni equilibrate.
In particolare sull'industria del vino del Vecchio Continente pende la minaccia di super dazi al 200%. Tajani ha annunciato che una delegazione tecnica del ministero degli Esteri è già stata inviata a Washington per iniziare ad affrontare le problematiche commerciali che potrebbero seguire all'imposizione dei dazi. Ma in ogni caso, ha detto il ministro, bisogna «tutelare l'export delle imprese italiane». Nasce da questi presupposti il Piano d'azione per l'export italiano, presentato venerdì 21 marzo a Villa Madama.
Lo scopo del piano è l’accelerazione dell’export grazie a una strategia di promozione integrata tra i vari attori del Sistema Italia (Ice, Simest, Sace e Cassa depositi e presiti), focalizzata su Paesi ad alto potenziale e settori di punta del Made in Italy. Vino e agroalimentare compaiono tra quelli considerati strategici. Sono previsti il potenziamento delle attività fieristiche, la stipula di accordi con grandi catene della Gdo e player dell'e-commerce, l'apertura di nuove sedi estere dedicate da parte delle agenzie che fanno capo al "Polo dell'export", un numero di telefono di pronto intervento e informazioni per le imprese. Secondo il piano, le esportazioni italiane potranno aumentare rilanciando la produzione attraverso, in primo luogo, l’abbattimento del costo dell’energia. Ma non solo.
L’obiettivo del Maeci è arrivare a 700 miliardi di export entro fine legislatura (2027). Nell'elenco generale dei mercati target, considerando tutti i settori del made in Italy (dalla chimica alla moda, dall'agroalimentare-vino alla farmaceutica e alle tecnologie avanzate) compaiono India; Messico; Brasile (più in generale, Mercosur e America Latina); Turchia; Emirati Arabi e Arabia Saudita (Paesi del Golfo); Paesi Asean (Thailandia, Vietnam, Indonesia e Filippine); alcuni Stati dell’Africa (Sudafrica e Algeria), Balcani Occidentali (in particolare Serbia) e Asia Centrale. Senza dimenticare i mercati maturi, tra cui gli stessi Stati Uniti.
«Senza il commercio, le nostre aziende non saranno in grado di sopravvivere nel lungo termine. Dobbiamo essere in grado di esportare. Se i dazi annunciati da Trump venissero applicati al settore vinicolo, potremmo dimenticarci del mercato statunitense che rappresenta il 27% delle nostre esportazioni. Un volume che non sapremmo collocare altrove - è l’allarme lanciato da Ignacio Sánchez, segretario generale Ceev (Comitato europeo delle aziende vitivinicole), intervenuto nel corso di Vinitaly Preview, l’evento organizzato da Veronafiere presso l’Ambasciata d’Italia in Belgio, in vista del 57esimo Salone internazionale dei vini e distillati a Verona dal 6 al 9 aprile.
«Abbiamo assolutamente bisogno del sostegno politico dei membri del Parlamento europeo, della Commissione e delle autorità nazionali per superare questa crisi e negoziare una soluzione» ha aggiunto.
Il presidente di Agenzia Ice, Matteo Zoppas durante l'evento di Veronafiere a Bruxelles ha ricordato i numeri del vino: «In un contesto generale di recessione, noi siamo riusciti ad avere un comparto agroalimentare che cresce e, tra le sue composizioni, è stato determinante il contributo del vino (+5,5%). Gli Usa, che ci preoccupano molto, hanno fatto un più 9% e sono arrivati a 1,7 miliardi di euro nel 2024».