La pandemia fa calare i consumi di vino. Come affrontare la crisi?
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Di recente molta attenzione dei media è stata attratta dalla crisi demografica che impatta anche sul mondo del vino. E per una buona ragione: i numeri sono impressionanti.
Alla fine del 2020, Wine Intelligence, divisione di Iwsr Group, ha intrapreso un'analisi dei dati di lungo periodo sul consumo di vino in 11 mercati. Lo scopo era analizzare come la pandemia potesse cambiare i comportamenti, in particolare con la chiusura dei locali on-premise. L'ipotesi era che il consumo di vino potesse registrare cali sensibili presso i consumatori più giovani (in età legale per bere) perché in tempi normali, questa fascia demografica era molto più propensa a consumare vino in bar, pub e ristoranti piuttosto che a casa. Con i locali chiusi si sarbbero allontanati dal vino?
Gli analisti di Wine Intelligence hanno avuto conferma proprio di questo: la chiusura dei locali ha bloccato un canale chiave per i giovani consumatori. A questo si aggiunge un fattore di più lungo termine: i consumí degli under 34 hanno subito un costante calo negli ultimi 10 anni (dal 2010-2020). Questo si è riscontrato in un certo numero di mercati, in particolare Stati Uniti, Regno Unito, Svezia e Giappone, pur notando che ci sono state alcune eccezioni in cui i tassi di consumo sono aumentati o rimasti stabili, come in Corea del Sud e Canada.
Secondo gli analisti la sfida maggiore per l'industria del vino si disputerà proprio sul piano demografico: i consumi di vino non riescono a intercettare i giovani adulti e la pandemia ha solo accelerato questa problematica. Come ha dichiarato uno dei principali rivenditori specializzati di vino degli Stati Uniti "il vino sta perdendo quote tra le bevande alcoliche a favore di altre categorie, che stanno facendo un lavoro migliore di marketing aspirazionale".
Le analisi di Wine Intelligence indicano tuttavia un lato positivo: i giovani adulti che si avvicinano al vino tendono a essere più impegnati, entusiasti e soprattutto più disposti a spendere, soprattutto rispetto ai boomer più anziani. Questo suggerisce un futuro in cui il vino cederà terreno ad altre categorie come bevanda mainstream, ovvero a prezzi accessibili, pur mantenendo e costruendo la sua base di consumatori premium - quelli che bevono meno, ma vogliono avere un prodotto speciale quando comprano vino. Anche se non apertamente riconosciuto, questo punto di vista si riflette nelle strategie a lungo termine dei grandi produttori di vino, ossia quella di fare meno affidamento su prodotti di basso valore e alto volume, e migrare lungo la catena del valore verso vini di volume inferiore, di prezzo più alto e ad alto margine.
Tuttavia, secondo Wine Intelligence, ci sono due considerazioni da fare. La prima è che se la categoria del vino non riuscirà a catturare consumatori tra i 20 e i 30 anni, avrà perso per sempre la partita. La seconda è che i consumatori più anziani di oggi (quelli attualmente sulla cinquantina e oltre) sono un mercato in declino, che compra solo ciò che conosce e che tende a spendere meno.
La sfida principale a queste ipotesi viene dal crescente corpo di prove offerte da economisti, demografi e sociologi. L'allungamento dell'aspettativa di vita, il calo delle nascite e il conseguente invecchiamento della popolazione (se più persone vivono più a lungo, l'età media sale), più i cambiamenti tecnologici ed economici, stanno creando un nuovo modello di vita. La tradizionale esistenza in tre fasi - istruzione, lavoro, pensione - è ora largamente superata. Invece, le persone saranno sottoposte a iterazioni più frequenti di ciascuna di queste fasi: riqualificazione o ulteriore istruzione in diversi stadi della vita, seguiti da periodi di lavoro e di svago.
Questa idea di "riattrezzamento" e "reinvenzione intellettuale" all'interno di una vita più lunga è il cuore della sfida per l'industria del vino, preoccupata dall'idea di perdere la presa sui giovani consumatori. Probabilmente le persone che oggi hanno 20 e 30 anni continueranno a imparare, sperimentare e scoprire per molti decenni a venire. E allo stesso modo, non è detto che chi ha 50, 60 anni e oltre sia una causa persa quando si tratta di espandere i propri repertori, di cambiare e di forgiare un rapporto intellettualmente più interessante con la categoria del vino.
Al momento è difficile prevedere cosa succederà nei prossimi decenni, ma di certo l'industria del vino ha bisogno di riallacciare le proprie relazioni con i consumatori di tutte le età, ora che il mondo riemerge in un modo di vivere post-pandemico.