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09 Ottobre 2020

Primato italiano in Usa, anche grazie ai dazi che fanno crollare i vini francesi

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di Redazione | in 
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Il Covid-19 ha modificato l’approccio al consumo di vino negli Stati Uniti ma non ne ha depresso la domanda. E l’Italia beneficia della mancata imposizione di dazi aggiuntivi sulle proprie etichette. Crescono i consumi al di fuori dei luoghi di acquisto e ancora di più le vendite online, che compensano in buona parte il crollo riscontrato nell’horeca. La Francia - colpita dai dazi - arranca. 

Sono i dati che emergono dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor per wine2wine, elaborati sugli ultimi dati doganali disponibili.

Nei primi 8 mesi di quest’anno l’Italia ha recuperato oltre 370 milioni di euro sullo storico competitor d’Oltralpe e chiude l’estate con un ulteriore allungo a 1,16 miliardi di euro di vendite (+2,3% sul pari periodo 2019), contro una Francia con un trend in calo del 25,7% (998 milioni di euro). 

Lo scenario, esattamente invertito rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, è influenzato più dai dazi aggiuntivi che dal Covid-19. Basti pensare come oltre al -25,7% a valore della Francia (con i vini fermi a -32,5%), anche Spagna (-11,8%) e Germania (-34,4%) registrano cali pesanti, che contribuiscono in maniera decisiva alla contrazione complessiva dell’import di vino statunitense sul periodo (-10,5%). 

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«L’Italia - commenta Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere - oggi detiene una quota di mercato sulle importazioni Usa di vino che si avvicina al 35%, un record raggiunto grazie alla congiuntura e a un rapporto qualità-prezzo più che mai competitivo. Ora serve mantenere le distanze e riallineare i segmenti di mercato penalizzati dal Covid-19 attraverso un’accelerazione della promozione made in Italy. A questo servirà wine2wine exhibition & forum, un evento fisico e digitale a cui parteciperanno, grazie alla partnership con Agenzia-Ice, centinaia di buyer in presenza e altrettanti online, per cui sono previsti masterclass, networking, b2b e seminari in remoto». 

e-commerce e fine wine, l’accoppiata vincente 

Vola l’e-commerce a partire dai grandi aggregatori di vendite online, come riscontrato nel seminario Vinitaly-wine2wine (in collaborazione con Colangelo & Partners) da Heini Zachariassen, fondatore della principale app enologica al mondo, Vivino: «In questi mesi abbiamo assistito agli incrementi di acquisto più forti di sempre da parte dei nostri 46 milioni di utenti, con crescite in tripla cifra nei 5 mesi di emergenza. Nel periodo - ha spiegato - abbiamo registrato un punto di svolta per i fine wine italiani, soprattutto per i rossi toscani, l’Amarone e il Brunello di Montalcino». 

Dello stesso tenore l’opinione del fondatore del portale Wine.com, Michael Osborn: «La quota dei nostri utenti che operavano acquisti è passata dal 24% in regime pre-Covid all’86%. Un dato incredibile, che secondo un nostro sondaggio sarà mantenuto anche in fase post-Covid. Nel corso dell’anno le vendite di vini italiani sono cresciute del 53% grazie agli acquisti in fascia alta dei millennials e generazione X». 

Diverso lo scenario sul fronte del segmento horeca, che secondo Aaron Sherman, co-fondatore e Ceo di SevenFifty, è «calato del 33%». Per il fondatore della Colangelo & partners, Gino Colangelo, «il business del vino negli Stati Uniti è molto resiliente, anche durante il lockdown e in questo contesto il vino italiano è favorito. Oggi infatti la categoria in più rapida crescita è quella di fascia alta (oltre i 50 dollari), che corrisponde al profilo delle grandi aziende del Belpaese».

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