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21 Maggio 2021

G20: i numeri del modello italiano di sviluppo

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di Redazione | in 
Studi e Ricerche

In occasione della Presidenza italiana del G20, la Fondazione Edison e il Centro di ricerche in analisi economica e sviluppo economico internazionale (CRANEC) dell’Università Cattolica hanno elaborato: “G20 and the Italian economy. Key indicators to be kept in mind”.

 

Si tratta di un booklet di statistiche elaborato da Marco Fortis, Andrea Sartori e Stefano Corradini che mette in evidenza i punti di forza del modello italiano di sviluppo, incentrato su economia reale, sostenibilità ambientale e innovazione tecnologica.

L’economia italiana è conosciuta soprattutto per alcuni suoi punti di debolezza: un alto rapporto debito pubblico/PIL; un tasso di crescita economica modesto negli ultimi 20 anni; una pubblica amministrazione in diversi ambiti poco efficiente; il divario di sviluppo tra Nord Centro e Mezzogiorno. Sono aspetti critici di cui gli italiani hanno piena consapevolezza e che il nuovo Governo presieduto da Mario Draghi si propone di affrontare con determinazione, attraverso riforme strutturali e investimenti in linea con il programma Next Generation EU (NGEU) nel quadro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. I prossimi anni, in particolare da qui al 2026, saranno cruciali per superare le debolezze strutturali e i dualismi dell’Italia e per valorizzare ancor di più i suoi settori trainanti. Questi ultimi, cioè i settori più dinamici dell’economia italiana, così come diversi altri suoi importanti punti di forza, sono molto meno noti e la presidenza italiana del G20 è quindi anche una occasione unica per farli conoscere meglio. In questa prospettiva, questo fascicolo di indicatori statistici selezionati si propone di evidenziare la resilienza dell’economia italiana, il dinamismo delle sue specializzazioni produttive, gli importanti progressi in termini di crescita, produttività e competitività conseguiti dall’Italia negli ultimi anni e molti altri fattori che possono consentire al nostro Paese non solo di uscire rapidamente dalla crisi pandemica ma anche di rappresentare un modello di sviluppo sostenibile, in cui crescita, innovazione tecnologica, qualità della vita e rispetto per l’ambiente possano coniugarsi con equilibrio.

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L’Italia dell’economia reale primeggia nel mondo e nel G20. È la seconda economia dell’UE-27 per valore aggiunto manifatturiero e per pernottamenti di turisti stranieri ed è la prima nazione per valore aggiunto agricolo. L’Italia vanta il quinto surplus commerciale manifatturiero con l’estero a livello mondiale. In particolare, con 56 miliardi di dollari nel 2019 siamo secondi solo alla Cina per attivo commerciale nelle “3 Effe” del design e della qualità (Fashion, Furniture, Food&Wine). Ma con 75 miliardi di dollari siamo anche terzi dietro soltanto alla Cina e alla Germania nelle “3 Emme” della tecnologia e dell’innovazione (Metal products, Machinery and equipment, Medicaments). La novità degli ultimi anni è stata il boom del nostro export di prodotti farmaceutici confezionati, che ci ha visti primi per crescita nel G20 nel 2019 con un aumento del 24%.

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Grazie ad una politica industriale incisiva come quella di Industria 4.0, negli anni precedenti la pandemia le nostre imprese hanno investito in macchinari e sistemi come non accadeva da decenni. Risultato: la nostra competitività si è impennata. Nel settore manifatturiero nel quadriennio 2015- 2018 l’Italia ha avuto la più forte crescita media annua sia del valore aggiunto sia della produttività tra i Paesi del G7. Siamo diventati il sesto Paese al mondo per robot installati: in particolare, il secondo per robot nella moda, il terzo nell’alimentare e nel mobile, il quarto nella meccanica (davanti all’intero Nord America!). In alcune nostre regioni “locomotive” gli investimenti fissi lordi sono aumentati nel quadriennio 2015-2018 a tassi da economie emergenti. In Veneto sono cresciuti del 5,4% medio annuo (quasi come in Cina, +5,8%), mentre in Emilia-Romagna l’incremento è stato del 4,4% medio annuo e in Campania del 4,2% (quasi come nella Corea del Sud, +4,8%). In Puglia l’aumento è stato del 3% medio annuo (cioè più che in Germania e Francia, +2,9%).

L’Italia è una potenza agricola. È il primo produttore mondiale di carciofi, finocchi, cime di rapa, uva da vino, bergamotto e il primo produttore europeo di molte varietà di ortaggi e tipi di frutta, tra cui il pomodoro da industria, le melanzane, le cicorie e le indivie, i kiwi, le mele, le pere e le uve da tavola, le albicocche, il grano duro e il riso. Nel G20 l’Italia è in assoluto il primo Paese per quota di superficie agricola destinata all’agricoltura biologica.

Ma vi è una seconda Italia che primeggia nel mondo. È l’Italia della sostenibilità. Basti pensare che siamo l’ottava economia del G20 per dimensione del PIL ma solo la terzultima per emissioni di CO2. Meglio di noi fanno solo la Francia (che però ha il nucleare) e l’Argentina (che economicamente non è un gigante). Siamo la settima industria del G20 per valore aggiunto ma nuovamente solo la terzultima per emissioni di CO2. Meglio della nostra industria fanno soltanto quelle dimensionalmente più piccole del Regno Unito e dell’Argentina.

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