Aziende del vino al femminile e banche: 'gender gap' del credito in controtendenza
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Le banche scommettono sulle aziende del vino al femminile. Un’analisi dell’Università di Siena su un campione di imprenditrici dell’Associazione nazionale Le Donne del Vino rivela che il gender gap del credito negato alle donne, per la prima volta in Italia, fa segnare dati in controtendenza. La ricerca è stata presentata alla Monte dei Paschi all’apertura di Wine&Siena, evento organizzato da Hunter Helmuth Köcher, presidente del Merano WineFestival e da Confcommercio Siena.
La piccola luce individuata dal professor Lorenzo Zanni e dal suo staff dell’Università senese sul tema “donne e accesso al credito”, storico handicap delle imprese al femminile, mostra le prime avvisaglie di un cambiamento di rotta. L’indagine si è svolta nel 2019 e ha riguardato 167 rispondenti fra le 890 Donne del Vino. L’associazione, presieduta da Donatella Cinelli Colombini, comprende produttrici di vino, titolari di ristoranti, enoteche, professioniste attive come sommelier, giornaliste e esperte presenti in tutte le regioni italiane. «Vedere la luce alla fine del tunnel non è una cosa da poco: significa che è possibile uscire dal buio dei problemi e arrivare a una situazione più favorevole» ha commentato Donatella Cinelli Colombini.
Vediamo nel dettaglio i risultati dell’analisi. Il questionario è stato sottoposto alle 890 Donne del vino italiane: hanno risposto 167 socie di cui 127 con cantina. Il 56,9% delle risposte sono arrivate dal Nord Italia. Il 65% delle intervistate ha chiesto un credito negli ultimi 10 anni, spesso il finanziamento è inferiore alle attese ma solo il 3% si è vista negare l’erogazione. Da notare l’alta percentuale delle imprese che si sono basate solo sul proprio capitale. Colpisce che siano state soprattutto le imprese più piccole, quelle sotto i due milioni di fatturato annuo, a cercare l’aiuto delle banche. Si tratta di una dimostrazione di grande dinamismo perché questo denaro è stato impiegato per nuovi investimenti (72%) e non per la conduzione aziendale. La richiesta di credito è legata alla volontà di accrescere qualità, remuneratività e dimensione produttiva. A posteriori gli stessi obiettivi permangono anche oggi mentre è cresciuta la sensibilità ambientale e l’interesse per l’export ad ampio raggio. Il 50% del campione ha richiesto il credito a banche locali, il 41,8% a banche ed istituti di credito nazionali e il 4,7% ad altre fonti di finanziamento.
L’identikit della Donna del Vino con cantina che ha fatto richiesta di credito ci mostra una titolare o una responsabile di un settore dell’azienda di famiglia. Ha un’età media di 42 anni con circa 12 di esperienza nell’impresa. Nel 52% dei casi ha in tasca una laurea e per la quasi totalità (90,7%) un’esperienza professionale precedente in un settore diverso.
Fra le Donne del Vino che hanno risposto, «l’esser donna non sembra aver influenzato negativamente l’accesso al credito, ma questa percezione può riflettere la composizione del campione delle intervistate: livello di istruzione elevato, donne mature e con un’esperienza decennale nell’azienda, spesso proprietarie della stessa, con una tradizione familiare alle spalle, coinvolte in un’associazione di donne imprenditrici» ha detto il professor Zanni che insieme a Elena Casprini e Tommaso Pucci, ha effettuato lo studio.
Se l’accesso ai finanziamenti non risulta un tabù per le imprese del vino al femminile, le donne dichiarano comunque una certa difficoltà a gestire le relazioni con il mondo del credito mentre emerge «un atteggiamento “prudente” con un livello di leva finanziaria non troppo elevato. Si ricorre quasi unicamente al credito bancario e in genere si bilancia la richiesta di credito a banche locali e nazionali» ha rilevato Zanni dando un giudizio positivo, anche se forse troppo prudente, al management femminile del vino.
L’analisi deve sicuramente tenere presente del momento favorevole dell’agricoltura e del vino italiano: «Un risultato che scaturisce anche dall’andamento anticiclico dell’agricoltura rispetto alle difficoltà dell’economia italiana» ha sottolineato la presidente delle Donne del Vino mettendo in evidenza come «le cantine italiane, negli ultimi 5 anni, abbiano accresciuto fatturati e margini (+3,9% e + 5,8%), hanno esportato di più e hanno visto salire il valore delle vigne dell’1,2% ogni anno, un dato quest’ultimo che nelle zone più vocate è schizzato alle stelle». Uno scenario che le banche leggono molto favorevolmente a cui si aggiungono le ottime performance delle manager femminili green: «Le donne dirigono imprese che coprono il 21% della superficie agricola coltivabile SAU ma producono il 28% del Pil agricolo italiano. In Europa, il 42% di chi lavora in agricoltura è donna, pari a oltre 26 milioni di persone» ha ricordato la produttrice siciliana Lilly Fazio.
Ecco spiegato perché il campione delle Donne del Vino, quasi un’élite dell’enologia al femminile, ha mostrato la luce alla fine del tunnel del gender gap sul credito alle imprese in rosa. «Un gap che comunque esiste» precisa il professor Zanni presentando gli esiti dell’indagine. Situazione giustamente sottolineata da Donatella Prampolini, vice presidente nazionale Confcommercio, dal presidente della Confcommercio di Siena Stefano Bernardini e della Camera di Commercio di Siena e Arezzo Massimo Guasconi e persino dalla moderatrice del convegno la giornalista e donna del vino Anna Di Martino.
In effetti il Global Gender Gap Report del 2018 mette l’Italia è a 70° posto su 149 Paesi e l’Istat usando i dati INPS ha rivelato che esiste una forbice fra il salario maschile e femminile che va dal 4% del settore pubblico, al 20% nelle imprese private fino al 38% fra i liberi professionisti.
Studi anche recenti come quelle di Swg per Cna “Donne, imprenditoria e accesso al credito” o “Il cibo è donna - Il fattore rosa secondo Pink Lady” mostravano come il 47% del campione lamentasse difficoltà nell’accesso al credito, evidenziando un gender gap diffuso anche su altri comparti economici come quello artigianale e nel commercio.